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Valcellina, la riva destra del Tagliamento

Quando pensi che l’Italia ti abbia offerto tutti gli scorci suggestivi, le vedute più accattivanti e i luoghi più incantati, ti ritrovi sulla strada che costeggia il torrente Cellina e ti accorgi dello straordinario patrimonio naturale che si dipana verso le colline.

Meglio arrivarci in primavera o in autunno, senza disdegnare le altre stagioni. Ma in quelle di mezzo le colline e i paesi di questo angolo del Friuli dispiegano al meglio la loro ricchezza fatta di profumi, colori e di storia secolare. 

La valle che separa le Prealpi Carniche a nord dalle Prealpi Bellunesi a sud, annovera tra i  comuni situati sulle sponde del torrente Cellina i borghi di Claut, Barcis, Andreis e Cimolais  e nella pianura Montereale Valcellina e Maniago. Sulle sponde del Vajont vi sono invece Erto e Casso, anche loro inserite in questo angolo di Friuli confinante con il Veneto e ricompreso in parte nel Parco Naturale delle Dolomiti Friulane riconosciute patrimonio dell’UNESCO.

Attraversare la Valcellina in auto rappresenta di per sé una esperienza bella. Farlo in Camper aggiunge grande fascino alle tappe serali e notturne mentre percorrerle in bicicletta rappresenta una vera sfida con il piacere della scoperta naturalistica, da alternare a passeggiate che rappresentano un elogio alla lentezza. Scoprire la Valcellina equivale a camminare sulla vecchia strada per scoprire una delle più spettacolari riserve naturali del Friuli, in cui profondi canyon ospitano acque cristalline per poi arrivare a Montereale, situato tra il torrente Cellina, il Monte Spia, Monte Castello e Molte Fara.

Paese dalle origini antichissime (testimoniata dalla Necropoli di Domino) Montereale Valcellina nel 1213 ottenne l’investitura del feudo e si offre ai visitatori con la chiesetta di San Rocco, il piccolo oratorio votivo di San Floriano, l’oratorio della Madonna delle Grazie, la chiesetta di San Giovanni Battista a Malnisio. Nulla purtroppo è rimasto invece del castello situato sul colle, demolito dalle ripetute invasioni subite nei secoli e dalle catastrofi naturali.

Scegliendo la direzione Sud, si arriva ad Aviano, il cui nome cimbro è Pleif mentre quello friulano è Davian. Conosciuto soprattutto per la base aeronavale NATO, la città situata ai piedi delle Prealpi Carniche ospita una numerosa comunità di militari e civili statunitensi e si offre ai turisti invernali la località di Piancavallo e Busa di Villotta. Di probabili origine romana (il nome deriverebbe  da un terreno appartenente a un proprietario fondiario di nome Avilius o Avidius), Aviano vede nascere la propria storia urbanistica moderna nell’XI secolo, con la costruzione di un castello edificato dal Patriarcato di Aquileia.

Più volte assediata nel corso dei secoli, la fortezza venne espugnato nel 1411 dalle truppe ungheresi dell’imperatore Sigismondo. Entrato a far parte della Repubblica di Venezia, Aviano subì la devastazione dei turchi e infine divenne parte dell’impero napoleonico, poi del regno lombardo-veneto per essere infine annesso al Regno d’Italia nel 1866. Nella città nacque il nobile Carlo Cristoforo che divenne padre cappuccino con il nome di Padre Marco d’Aviano per affermarsi come celebre predicato di fama. Nel 1683 il cappuccino partecipò come delegato papale

al Consiglio dell’imperatore d’Austria e alla battaglia di Vienna che arrestò la nuova minaccia Turca.  Padre Marco morì a Vienna dove tutt’oggi e ricordato con una via e venerato in una chiesa a suo nome.

Chiesa di Santa Maria e Giuliana  (edificata nel 1589),   S. Giuliana, caratterizzata da importanti affreschi votivi risalenti al periodo romanico-bizantino, il Duomo di San Zenone (costruito tra il 1775 ed il 1832), Chiesa di San Gregorio, il Santuario della Madonna del Monte ( 1615 ) rappresentano alcune delle tappe di una visita al borgo antico, che si arricchisce con il Castello di Aviano (X secolo) e con le sette ville tutelate dall’Istituto regionale Ville Venete.

La scoperta di questo angolo suggestivo di Friuli Venezia Giulia prosegue con la successiva tappa a Sacile, le cui vestigia più remote  fecero della città, posta in luogo strategico, all’incrocio di una strada regia con il fiume Livenza navigabile, sia un florido emporio commerciale, sia una munita piazzaforte dello stato patriarcale friulano. Dopo la conquista carolingia, il duca del Friuli, Enrico, vi fece edificare nel 796, “pro remedio anime sue” una chiesa in onore di San Nicolò. Intorno a questa chiesa si sviluppò il centro abitato che seguì gli eventi storici della Repubblica di Venezia. Sacile è conosciuta per aver visto crescere tra le sue strade il regista e scrittore Pier Paolo Pasolini, nato a Bologna ma di origini friulane da parte materna, e per la promulgazione nel 1366 delle Constitutiones Patriae Foriiulii (Costituzioni della Patria del Friuli) una delle più antiche costituzioni scritte della storia.

Città decorata al Valor Militare per la Guerra di Liberazione , Sacile viene definita il “Giardino della Serenissima” o “piccola Venezia”. Il centro storico  sviluppatosi sulle due isole formate dalla Livenza, ha dato vita a borghi, vicoli e ponti sulle placide acque della Livenza, permettendo ai visitatori di scoprire comodamente i palazzi nobiliari e gli edifici religiosi, sui quali spicca Palazzo Ragazzoni.   Piazza del Popolo con la loggia municipale, le mura e i torrioni difensivi, risalenti al periodo medioevale e quattrocentesco, Piazza Duomo, Palazzo Ovio Gobbi ( sede del Centro di Studi Biblici, che raccoglie circa 15.000 volumi di argomento biblico) rappresentano il tratto saliente di una città che offre anche percorsi naturalistici ed ambientali di notevole interesse.
oltre a escursioni in barca.

L’ultimo tratto del percorso pedemontano friulano toccherà Caneva, situato all’ombra dell’altopiano del Cansiglio.  La zona di Caneva, archeologicamente importante, si presenta ricca di reperti verosimilmente riferibili al Neolitico palafitticolo del Palù di Livenza (Patrimonio Mondiale dell'Umanità UNESCO), e pittoreschi ruderi del castello sorto intorno al Mille probabilmente su fondamenta romane.

Una passeggiata nel  borgo prevede la visita alla Parrocchiale , realizzata in stile lombardo (1822); in una delle sue cappelle si trova anche il celebre trittico su tavola (San Nicolò, San Rocco e San Sebastiano), pregevole opera di Francesco da Milano, datata 1512. Le chiesa di Sarone, di Fratta, la parrocchiale di Stevenà , Villa Pietranna, Zancaner e Lucchese,  completano un’offerta storico-architettonica che conduce infine alle sorgenti del Livenza. Pronti a degustare i prodotti tipici di  questo straordinario angolo italiano.

La terra del Figomoro

Non esistono praticamente luoghi in Italia che non abbiano una loro peculiarità gastronomica. I prodotti tipici dei comuni situati alla destra del Tagliamento affondano nelle tradizioni contadine e nella storia secolare del territorio.

La Pitina (salame) viene spesso preferita al prosciutto di San Daniele in questo angolo di Friuli, magari in alternanza con il “Salam tal aset” (salame fresco cotto nell’aceto, in genere con la cipolla).

La minestra di Pasta o orzo con  fagioli rappresenta un caposaldo della cucina quotidiana pordenonese, così come il risotto con il grisol (silene vulgaris) o con il pavariel. Il piatto per antonomasia è la Polenta con il formaggio “Frico”, che può essere cotto in padella da solo, con le patate (è la versione più nota) e con le cipolle.

Il musetto con la brovada rappresenta un altro piatto tipico della zona. Il muset è il cotechino fatto perlopiù con carne del muso del maiale, mentre la brovada sono striscie di rape viola lasciate a macerare nelle vinacce e poi cotte.

Nel percorso che costeggia il lato destro del Tagliamento la palma del prodotto tipico va sicuramente al fico nero, chiamato a Caneva “Figomoro”. Le prime testimonianze della sua coltivazione risalgono al XIV secolo, ma quelle più interessanti riguardano quello successivo, secolo di splendore della vicina Repubblica di Venezia, che alla scoperta di prelibate raffinatezze, riconosceva nel figomoro un’eccellenza.

Da assaggiare è sicuramente il Verdiso, vino estivo per eccellenza mentre Verduzzo,  Prosecco,  Manzoni bianco,  Malvasia (trai i bianchi) e  Refosco,  Merlot,  Cabernet Franc e Sauvignon (tra i rossi) rappresentano la ricchezza vinicola di una zona che offre ai propri visitatori anche una bevanda assolutamente locale: la birra fatta col FigoMoro

L'Ont o Burro fuso di Malga,  Pan de Frizzi,  prosciutto di San Daniele e di Sauris, minestra di fagioli, il Goulash  , gnocchi di patate e di susini, ricotta affumicata,  Montasio, lo strudel di mele, la putizza (pastasfoglia dolce ricca di frutta secca), le creme carsoline, il gubana e il Presnitz completano un’offerta che renderà davvero speciale la scoperta di questo angolo di Friuli.

Di Generoso D’Agnese

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