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Maratea

Una perla sul mare della Basilicata

Dopo aver girovagato tra borghi abbandonati e paesaggi sconfinati, mi sono ricongiunta al mare…a Maratea. Maratea, dea del mare (thea maris), lì incastonata e sospesa nella parete rocciosa resta in realtà nascosta da esso. Circondata dai monti lucani e da strade tortuose, il suo territorio si affaccia sul Golfo di Policastro. È conosciuta come “perla del Tirreno” e, infatti, questa breve “striscia” di Lucania manifesta tutta la sua bellezza con una costa alta e frastagliata, ricca di anfratti e grotte nascoste che hanno fatto da sfondo alle narrazioni epiche di Omero. Il mare ha un color verde smeraldo, che risalta grazie al contrasto con la sabbia scura, a volte nera, di roccia vulcanica. Siamo a due passi dalla bellissima costa cilentana (poi seguita dalla preziosa Costiera Amalfitana) e, a sud, dall’isola di Dino e il nord della costa calabrese.

L’anima di Maratea è trina: in basso, Maratea Marina con il suo porto e le spiagge, a mezzacosta c’è Maratea Inferiore, l’attuale borgo, dedalo di stradine lastricate in cui è bello perdersi, e in alto Maratea Superiore, attualmente disabitata (un tempo era invece punto nevralgico di scambi commerciali). Per gli amanti dell’outdoor le attività che si possono fare in questo angolo di mondo un po’ selvaggio sono numerose: escursioni a piedi, a cavallo, in kayak, giri in bici, trekking e ferrate. A livello culturale, Maratea è conosciuta anche come la “Città delle 44 Chiese”: il suo territorio è cosparso da chiese, cappelle e monasteri, dove è possibile scoprire le meraviglie dell’arte sacra del passato. Per quella più moderna invece bisogna guardare in alto. Sulle pendici del Monte San Biagio, a un’altitudine di 620 metri, svetta imponente la Statua del Cristo Redentore, che di notte è illuminato e sembra volare nel buio come una stella.

La storia di questa statua ci parla anche della storia di Maratea. Per chi vuole fare un tuffo in mare, c’è l’imbarazzo della scelta, tra Acquafredda ( a nord) e Castrocucco (a sud) si può scegliere tra cale nascoste e più selvagge e spiagge attrezzate. Ci vorrebbero diversi giorni per poterle esplorarle tutte, quindi mi limiterò a parlare di tre di esse che secondo me valgono una visita. Rena d’u Nastru (Cersuta) Tra quelle che ho visto, di certo questa è la cala che ho preferito. Nascosta, selvaggia e quasi inaccessibile. Si chiama così perché un tempo qui passava il nastro trasportatore del cantiere ferroviario che scaricava in mare i detriti.

La sabbia della caletta è scura, sugli scogli si sono create delle conche che si riempiono d’acqua creando delle piccole vasche naturali; su un lato la parete rocciosa nasconde una grande grotta. Ultimamente pare che l’accesso sia stato chiuso, per motivi di sicurezza, ma non ho avuto modo di verificare recentemente (questa cala infatti l’ho scoperta anni fa). Probabilmente in qualche modo si potrà ancora raggiungere, ma bisogna avere scarpe adatte (no infradito) e stare attenti a non farsi male. Cala Jannita o Spiaggia Nera (Marina di Maratea) Più facile e comodo invece è l’accesso a questa spiaggia, una delle più popolari in zona per la sua sabbia nera (attenzione a non ustionarvi i piedi) e le rocce vulcaniche che la circondano.

C’è un piccolissimo parcheggio gratuito, che solo chi si sveglia all’alba può conquistarsi, e un'altro più spazioso a pagamento. Si tratta di una spiaggia “ibrida”, nel senso che una piccola porzione è libera, mentre la parte centrale è occupata da due piccoli lidi. Da qui, a nuoto o affittando un kayak, è possibile raggiungere la vicina spiaggetta deserta d’I Vranne (in passato premiata da Legambiente come la più bella d’Italia), la quale è preceduta da diverse grotte che hanno delle spiaggette al loro interno; spingendosi verso sud invece si incontra la Grotta della Sciabella, anch’essa con spiaggia annessa. Cala Jannita si affaccia sull’Isola di Janni, dove secondo la leggenda Ulisse fece sosta. Insomma, è un tratto di costa paesaggisticamente suggestivo e adatto a chi ama esplorare. La Secca (Castrocucco) Questa splendida insenatura è invece indicata per chi dopo tanto vagabondare vuole concedersi un giorno di assoluto relax e comodità. Si tratta infatti di una spiaggia privata, gestita da uno stabilimento rinomato che ha saputo esaltare, e non distruggere, la bellezza della natura del luogo.

C’è un grande parcheggio con graziosi pergolati anti sole, un’area verde molto ampia e poi la vera e propria spiaggetta, racchiusa da un piccolo promontorio verdeggiante e circondata da una pungente scogliera. Qui sono obbligatorie le scarpette da roccia e la maschera, perché il bello sta proprio nell’avventurarsi tra gli scogli per osservare la flora e la fauna marina. Il consiglio è quello di prenotare telefonicamente il proprio posto…perché vanno a ruba! Ma ora torniamo a guardare in alto al nostro Cristo Redentore, diventato un simbolo di Maratea e una tappa obbligata per ogni viaggiatore che passa di qui. Il Cristo Redentore La storia di Maratea è legata anche al Conte Stefano Rivetti di Val Cervo, venuto da Biella nel 1953 per motivi imprenditoriali. Il suo lanificio non ebbe lunga e fiorente vita, ma fortuna maggiore ebbe in ambito turistico: Rivetti fece ristrutturare piazze e strade, piantando conifere, costruendo l’Hotel Santavenere di Fiumicello e diede avvio appunto ai lavori della Statua del Cristo. Il progetto dell’opera fu affidato all’artista fiorentino Bruno Innocenti e all’ingegnere Luigi Musumeci; fu ultimata nel ’63, dopo 3 anni di lavori.

Si tratta di una statua di cemento armato rivestito da un impasto di cemento bianco e marmo di Carrara, è alta 21 metri, ha un’apertura di braccia di 19 metri e un peso complessivo di 400 tonnellate. È davvero un’opera imponente e impressionante, della quale, tra l’altro, non sono stati tralasciati i dettagli. Per vederla da vicino e godere così anche del meraviglioso paesaggio sulla costa, ci sono diverse possibilità. Per coloro che amano fare movimento, si può raggiungere a piedi da Maratea Inferiore, se si è disposti a una escursione con circa 500 metri di dislivello; per i più sportivi c’è una via ferrata (molto panoramica ma completamente esposta al sole).

Una via di mezzo potrebbe essere quella di raggiungere in macchina il parcheggio apposito e poi fare una passeggiata di 15 minuti tra i ruderi di Maratea vecchia. La soluzione più comoda e rapida è quella di lasciare l’auto nel sopracitato parcheggio e prendere la navetta che, fino alle 21.30, fa la spola per i vertiginosi tornanti della strada costruita per raggiungere la vetta del monte San Biagio, dove tra l’altro è anche presente l’omonima basilica. Qualsiasi sia il mezzo con il quale si decide di salire in vetta, mi sentirei di consigliare di raggiungere il Cristo poco prima del tramonto del sole; la situazione in quell’orario è di certo molto affollata, ma il paesaggio e l’esplosione dei colori sul golfo sono ineguagliabili.

Di Laura Caviglia

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