Informarsi è un piacere!

Rossana Paola Seghezzi

“Va dove ti porta il cuore” scriveva quasi trent’anni fa Susanna Tamaro ed io, che all’epoca di anni ne avevo quindici, rimasi affascinata da questa frase, tanto da renderla il mantra della mia vita.

Mi è stato chiesto se volessi raccontare la mia storia di emigrata in Svizzera e lo faccio con grande piacere, ma anche un po’ di timore perché guardarsi dentro e ripercorrere il proprio percorso e le proprie scelte, mettendole poi nero su bianco non è facilissimo per me.

Sono bergamasca di origine e ho vissuto la mia infanzia e la mia adolescenza in Val Seriana, una delle cinque valli bergamasche, tra scuola, oratorio, incontri con gli amici sulle panchine dei giardinetti a chiacchierare per ore, raccontarci i nostri segreti e ridere insieme. Oggi quei momenti mi mancano molto, mi rendo conto di quanto fossero preziosi soprattutto alla luce del mio percorso di “migrante”: la rete sociale, il sostegno dell’amica con cui sei cresciuta e con cui basta uno sguardo per capirsi, il giro in paese a prendere il gelato… tutte cose apparentemente banali o scontate, ma che bruciano terribilmente dentro quando ti trasferisci all’estero e devi ricominciare tutto da capo.

Dicevamo: va dove ti porta il cuore e il mio, a diciotto anni, subito dopo il diploma al liceo scientifico, mi ha portato a 600 km da casa e dagli affetti di sempre, precisamente a Trieste. E chi sarà mai questo grande amore che mi ha strappato alla mia serena vita di provincia, a casa con i miei genitori, mia sorella e mio fratello? Come si chiama? Ha tanti nomi: indipendenza, voglia di scoprire cosa c’è fuori dal proprio cortile, curiosità, desiderio di realizzazione, anche un pizzico di follia se vogliamo, ma soprattutto si chiama vita. Ecco. Vita.

Ho scelto di andare a studiare molto lontano da casa, in una città che mi è entrata nel cuore e che, insieme a Zurigo è “la mia città”, lasciando tutto con quell’incoscienza e quella fame di conoscenza tipiche della giovinezza. Sono partita con mio padre in auto, la valigia è l’incognita del trovarmi un alloggio in una città mai vista prima.

Mio padre… ricordo ancora la sua espressione quando gli ho detto che volevo studiare marketing a Trieste…stupore, contrarietà (ha sempre voluto diventassi magistrato), ma soprattutto l’apprensione nel lasciare andare una figlia appena maggiorenne così lontano da casa. Eppure, non ha fatto una piega e mi ha sostenuta nella mia scelta. E per questo non smetterò mai di ringraziarlo, lo stesso per mia madre. Io credo che una buona parte del coraggio che contraddistingue ogni singolo emigrato sia da attribuire alla famiglia d’origine: è in loro, nei loro sguardi, nelle loro parole (e anche nei pacchi pieni di cose buone da mangiare che ti spediscono...) che si trova la chiave per partire con il cuore un po’ meno pesante. Io so di avere radici forti, che supportano costantemente le mie scelte, anche se non è sempre semplice per loro.

Gli anni a Trieste sono stati meravigliosi e tosti allo stesso tempo: ho dovuto imparare a cucinare, a gestire una casa e una convivenza con altre studentesse, organizzare gli orari di studio e trovarmi un lavoretto per pagarmi le spese dell’università. Ho pianto lacrime amare, ho sofferto la solitudine, mi sono dovuta confrontare con modi di fare e pensare diversi e distanti dai miei ma poi… quante soddisfazioni, quante nuove amicizie, ora diventate storiche, che senso di libertà e di consapevolezza di poter riuscire a gestire la propria vita!

Quando mi stavo per laureare e pensavo già che avrei seguito le orme dei miei genitori, diventando insegnante, il mio relatore della tesi, il professore che mi ha seguito per tutto il percorso di studi mi ha detto che, per come mi aveva conosciuta, avrei potuto avere una brillante carriera nel marketing turistico, magari all’estero. La mia risposta è stata: “turismo? Non ci penso neanche, non fa per me, mi laureo, faccio il dottorato e poi farò dei concorsi per poter insegnare”.

Tre mesi dopo la laurea ero sul treno Milano – Zurigo pronta ad iniziare uno stage in ambito turistico-culturale.

Le parole del mio professore avevano fatto breccia più di quanto pensassi… mi sono candidata per una borsa di studio per stage in paesi germanofoni e l’ho vinta, destinazione Zurigo. Ancora una volta ho ascoltato il cuore e sono partita per una città che, nell’immaginario collettivo è fredda, poco ospitale e tutta dedita solo alla finanza.

Mi sono detta che sarebbero stati solo due mesi e poi sarei tornata in Italia: da allora sono passati 18 anni.

Zurigo mi ha piacevolmente colpito, non ha nulla della freddezza che mi aspettavo e mi ha accolta a braccia aperte: io ho voluto ricambiare a tutti i costi cercando di integrarmi il più possibile. Ho iniziato col migliorare il mio traballante tedesco: più lo studiavo e più questa lingua mi piaceva (lo so, probabilmente sono controcorrente…) e con mia stessa grande sorpresa sono arrivata a padroneggiarlo piuttosto bene.

Nel frattempo, i miei mesi di stage stavano finendo e mi sono trovata di nuovo di fronte al bivio: restare o tornare in Italia? Il cuore, ancora una volta, mi ha indicato la strada: ho iniziato a candidarmi per diverse posizioni, anche se con poche speranze perché non ritenevo il mio livello di tedesco sufficiente per lavorare in Svizzera, soprattutto nel settore della comunicazione.

Per fortuna questo era un pensiero solo mio: ho trovato lavoro in una grande azienda attiva nel settore turistico, dove sono cresciuta, ho migliorato notevolmente il mio tedesco e a ventisette anni dirigevo un dipartimento. Mi sono talmente innamorata della lingua che quattro anni fa ho addirittura deciso di prendere la laurea in traduzione tedesco/italiano; non è stato facilissimo rimettermi sui libri e conciliare casa, lavoro e università, ma sono molto felice di averlo fatto. Tradurre e aiutare amici e colleghi che hanno qualche difficoltà con questa lingua “ostica” mi appaga molto.

La Svizzera mi ha dato e continua a darmi tanto, è un po’ come una mamma silenziosa e a tratti severa, che ti accompagna nella crescita, ti riprende quando stai andando un po’ fuori strada e ti aiuta a rialzarti quando cadi.

Grazie alla mia forza di volontà, ma soprattutto alle possibilità che mi ha dato questa terra, posso fare il lavoro per cui ho studiato (e, credetemi, non è una cosa così scontata) e ora dirigo il marketing duna struttura turistica di alto livello. Questo lavoro mi dà grandi soddisfazioni e mi sento molto grata per quel che ho e per la persona che, grazie alla famosa valigia con cui sono emigrata, sono diventata.

Sono molto legata alla mia terra d’origine, torno a Bergamo ogni volta che posso e non rinnegherò mai la mia nazione (cosa che, purtroppo, sento dire spesso da tanti italiani che vivono all’estero), ma n Svizzera ho trovato la mia dimensione. Sono andata dove mi ha portato il cuore

Di Rossana Paola Seghezzi

 

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