Lo scorso primo e due luglio, il Hallenstadion di Zurigo era letteralmente in delirio. Dalla mia postazione non si vedeva un posto libero, anche perchè non c’era nessuno seduto. Uno stadio stracolmo. Tutti in piedi. Tutti ipnotizzati nel viaggio musicale sul quale ci ha carrozzati Elton John e la sua superlativa band con la formazione attuale, composta da:
Davey Johnstone: chitarra (1972-presente)
Craig Snyder: chitarra (1976-presente)
Kim Bullard: tastiere (2009-presente)
Matt Bissonette: basso (2012-presente)
Nigel Olsson: batteria, cori Nigel Olsson (1972-presente)
John Mahon: percussioni (2000-presente)
Ci sono i Beatles. E poi c’è Elton John. Potrebbe riassumersi così il pensiero della maggior parte della critica musicale inglese nei primi anni Settanta. Basta questo per capire l’importanza del cantautore inglese nella storia della musica. Come lui, infatti, ce ne sono stati davvero pochi, forse nessuno. Dal pop al rock, dal soul alla disco, dalla musica cantautorale al funky, non c’è genere che non abbia risentito dell’influenza di un artista iconico e leggendario come il Rocket Man di Pinner.
Lento nei momenti di deambulazione verso il pubblico, affaticato dalle emozioni del suo tour e dal fardello dei suoi 76 anni, una volta alla tastiera diventava una gazzella. Impossibile stare seduti noi con il pubblico nello stadio ci troviamo un grande party tra amici.
Guardando a ritroso, il primo album della sua carriera, Empty Sky, esce nel 1969. L’anno dopo arriva il suo secondo disco, che lo lancia nell’Olimpo del rock, grazie anche alle atmosfere barocche e sinfoniche in esso presenti, frutto del suo percorso di studi accaniti e tanta perserveranza.
La sua infanzia difficile è provata soprattutto dal rapporto con il padre, poi una gioventù con gli eccessi di sostanza. Riesce a superarle e a trasformale in musica ed emozioni forti, authentische per chi l’ascolta.
In questo tour di commiato, Elton John, rende anche omaggio a chi l’ha ispirato, supportato e incoraggiato: Arethra Franklin, Marlin Monroe. Di conseguenza non potevano mancare «Through the storm» e «Candle in the wind», adattata in seguito alla morte di Lady Diana nel 1997.
L’enorme successo che sta riscuotendo con il suo tour d’addio, il «Farewell Yellow Brick Road Tour» con il quale è impegnato fino all’8 luglio nelle tappe europee, non ha fatto cambiare idea a Elton John sullo stop alle tournée, ma potrebbe ancora esserci occasione di vederlo esibirsi live, come ha dichiarato alla conferenza stampa: «Non farò più tour. È troppo stancante per me adesso e mi tiene lontano dalla mia famiglia, dai miei figli. Potrei fare ogni tanto un concerto, ma per ora non ho affatto deciso. Sono concentrato sul giorno di chiusura del tour, l’8 luglio a Stoccolma, dopo il quale avrò più libertà e ci penserò. A quel punto avrò fatto oltre 330 date per questo tour».
A Zurigo al mito indiscusso quale Elton John, si è mischiato tra il pubblico un altro mito: Roger Feder con sua moglie e le figlie che si sono anche loro sbizzarriti ballando guidati dal magico Elton John.
«You are my head, my heart and my soul», (Siete la mia testa, il mio cuore e la mia anima). Con queste parole ha ringraziato la Svizzera, lui, Elton John: IL mito.
Di Graziella Putrino
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