Non solo in Italia, ma anche in Svizzera si parla sempre più spesso dei problemi della deprivazione e della formazione.
Se ne parla sempre più congiuntamente, perché una delle principali cause della prima è la mancanza di una formazione post-obbligatoria. In questo articolo si tratta del fenomeno della deprivazione in Svizzera e in Europa, nel prossimo saranno esaminate alcune cause e specialmente il rapporto con la non-formazione. Nella misura del possibile si cercherà anche di elaborare un confronto tra la situazione e i rimedi adottati in Svizzera e in Italia.
La deprivazione in generale
Per indicare le difficoltà economiche di una persona, di una famiglia o di un gruppo sociale si ricorreva abitualmente a termini come «povertà», «indigenza», «ristrettezza» o a perifrasi come «non riuscire ad arrivare alla fine del mese» ed espressioni simili. Erano parole ed espressioni imprecise, che ora vengono pian piano abbandonate e sostituite da un indicatore più affidabile anche per i confronti internazionali: il tasso di deprivazione (anche se molti continueranno a parlare di «tasso di povertà», che in gran parte gli corrisponde). Esso è importante non solo per misurare le ineguaglianze materiali fra i sottogruppi di popolazione osservati, ma anche per orientare i decisori politici ad adottare misure d’inclusione sociale soprattutto per le persone e i gruppi più sfavoriti.
L’Ufficio federale di statistica ne dà questa definizione: il tasso di deprivazione materiale e sociale descrive la quota di persone costrette a rinunciare a importanti beni di consumo, servizi e attività sociali per ragioni finanziarie. Pertanto, la deprivazione è caratterizzata dalla mancanza di beni di consumo durevoli o dall’assenza di condizioni esistenziali minime dovute a una mancanza di risorse finanziarie.
La deprivazione materiale e sociale
La deprivazione materiale e sociale è caratterizzata dalla mancanza di beni di consumo durevoli o dall’assenza di condizioni esistenziali minime dovute a una mancanza di risorse finanziarie. A livello europeo si parla di deprivazione quando mancano, per ragioni finanziarie, almeno tre elementi su nove tra questi appresso elencati, riguardanti difficoltà economiche e/o la privazione di beni di consumo durevoli:
- capacità di far fronte entro un mese a una spesa imprevista di un importo pari a 1/12 della soglia di rischio di povertà (60%) per una persona sola (2500 CHF dal 2013);
- capacità di permettersi ogni anno una settimana di vacanza al di fuori del proprio domicilio;
- assenza di arretrati da pagare;
- capacità di permettersi un pasto composto da carne, pollo o pesce (o l’equivalente per vegetariani) almeno ogni due giorni;
- capacità di riscaldare sufficientemente la propria abitazione;
- possesso di una lavatrice, un televisore a colori, un telefono, una vettura.
Vanno inoltre presi in considerazione i fattori di degrado ambientale e sociale relativi all’abitazione principale e alle sue vicinanze (almeno un fattore fra i tre seguenti) quali:
• disturbi sonori provenienti da vicini o dalla pubblica via;
• problemi di criminalità, violenza o vandalismo in prossimità;
• problemi di inquinamento, rifiuti o altri problemi ambientali.
Nel 2021 in Svizzera, dove il tenore di vita generale è uno dei più elevati d'Europa, il tasso di deprivazione era pari al 5,2% della popolazione e concerneva circa 448 000 persone, ossia, una persona su venti era in situazione di deprivazione materiale e sociale. Tante, sicuramente, ma meno che nella media europea (11,9%) e nei Paesi vicini ad eccezione dell’Austria (4,4%): Germania (9,0%), Italia (11,3%), Francia (11,4%).
In Svizzera le forme principali di deprivazione sono soprattutto l'incapacità di sostenere una spesa imprevista di 2500 franchi entro un mese e la rinuncia a svolgere regolarmente un'attività a pagamento nel tempo libero. Le persone maggiormente colpite, come si vedrà meglio nel prossimo articolo, sono quelle straniere, quelle che vivono sole o in economie domestiche monoparentali, quelle senza formazione post-obbligatoria e quelle che vivono in economie domestiche che non partecipano al mercato del lavoro. (Segue)
Di Giovanni Longu
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