Care lettrici e cari lettori,
82.86.
No. Non sto giocando a tombola. Non sto dando neanche i numeri, anche se un pizzico di follia è la mia bussola giornaliera.
82 e 86, sono la veneranda età dei miei genitori. Per me ancora due fidanzatini, mano nella mano. Evergreen, come i classici.
Fu proprio mentre mia madre, ascoltando Modugno e cantando una sua memorabile canzone, stuzzicando mio padre, che mi venne un colpo di vecchiaia. Si, a me. Io, abituata al posto d’onore in casa non solo dei propri nonni, ma anche di quelli affettivamente acquisiti che arricchivano lo scambio in modo del tutto naturale tra tre, a volte quattro generazione, capii che Modugno, il grande Modugno già quando io ero bambina, lasciava a noi di oggi un grande messaggio. Una profezia.
Era il 1977 quando Domenico Modugno cantava «Il vecchietto dove lo metto, dove lo metto non si sa». Una musica abbastanza ritmata, in contrasto con il testo, che è amaro, anzi non si arriva a digerire.
Dove li mettiamo i vecchietti da quando hanno smesso di essere i capi famiglia, gli anziani, i saggi, i conduttori delle aziende agricole famigliari, dove lavoravano tutti e sembravano non invecchiare mai, permettendo a noi l’aura dell’eterna spensierata infanzia, anche a 50, a scoccati 60 anni e passa? Ma non era e non è dappertutto un passaggio del testimone di vita con la leggerezza del ciclo di generazione. Sempre più famiglie, o singoli parenti, sono stati inghiottiti dal «moderno». Dalle proposte di marketing. Di botto, non li possiamo tenere a casa, i nostri nonni. I nostri vecchietti. Sarebbero d’ intralcio con le loro malattie, con i loro ritmi da una 500 d’epoca: la vita corre veloce e non può aspettare chi va piano e resta indietro, o ha, in pace con sé stesso, degnamente accettato che sta facendo soltanto dei giri d’onore per noi. Per non sentirci soli. Abbandonati al nostro destino.
Ma, nella frenesia e noncuranza, li mettiamo negli ospizi, nonostante Modugno sostenesse che non c’ erano posti… Li parcheggiamo «in strutture» che noi ancora giovani d’età, ma vecchi nel pensiero, crediamo fatte apposta per loro. E invece, in tempo di coronavirus, abbiamo scoperto che non è proprio così.
Impegnati come eravamo a chiudere il traffico, a potenziare gli ospedali, a far ripartire l’ economia, a reperire mascherine, a sanificare gli ambienti, non c’era posto nel nostro ragionare di pensare ai nostri vecchietti. Che ci si dimentichi dei più fragili tra i fragili la dice lunga su quello che siamo diventati e che già si era visto mezzo secolo fa, tanto da suggerire a Modugno di cantare che la nuora non lo vuole più… il vecchietto.
Ma: non era la nuora a non volerlo più: era ed è la società, questa nostra disumana società. Domenico Modugno 43 anni fa aveva capito tutto, anche che non ci sarebbe stato posto al cimitero! Vi lascio alla lettura del brano di Modugno, invitando tutti a… fare posto emotivamente e in modo pratico, per ciascun vecchietto… :
«Mamma, dov’è il nonno? Nonna, andiamo alla giostra? Nonno, nonno, dov’è il nonno?
Ha fatto la valigia e se ne andato
Perché la nuora non lo vuole più
È troppo vecchio, troppo malandato
Con i bambini non ce la fa più
Allora s’è rivolto ad un ospizio
Ma s’è sentito dire solo, «No
Ci spiace tanto amico non c’è spazio
Già stiamo troppo stretti, non si può»
E il vecchietto dove lo metto
Dove lo metto non si sa
Mi dispiace, ma non c’è posto
Non c’è posto, per carità
Il vecchietto dove lo metto
Dove lo metto non si sa
Mi dispiace, ma non c’è posto
Non c’è posto, per carità
È andato dritto dritto all’ospedale
Chiedendo un posto all’accettazione
«Non ce la faccio, più mi sento male
Mi manca solo ormai l’estrema unzione»
Ma il medico di turno si è scusato
Guardandolo con un sorriso fesso
«Lei non si rende conto in quale stato
Abbiamo gente pure dentro al cesso»
E il vecchietto dove lo metto
Dove lo metto non si sa
Mi dispiace, ma non c’è posto
Non c’è posto, per carità
Il vecchietto dove lo metto
Dove lo metto non si sa
Mi dispiace, ma non c’è posto
Non c’è posto, per carità
Allora non sapendo cosa fare
Ha fatto quello che può fare un pazzo
Con una corda al collo in fondo al mare
Ha fatto finta d’essere un merluzzo
Al cimitero grande del Verano
Appena sceso giù dal furgoncino
S’è incavolato subito il guardiano
Mettendosi a parlare col becchino
‘Sto vecchietto dove lo metto
Dove lo metto non si sa
Me dispiace, ma nun c’è posto
Nun c’è posto per carità‘
Sto vecchietto dove lo metto
Dove lo metto non si sa
Mi dispiace, ma non c’è posto
Non c’è posto per carità
Il vecchietto dove lo metto
Dove lo metto non si sa
Va a finire che non c’è posto
Forse neppure nell’aldilà
Il vecchietto dove lo metto
Dove lo metto non si sa
Va a finire che non c’è posto
Forse neppure nell’aldilà
Il vecchietto dove lo metto
Dove lo metto non si sa
Va a finire che non c’è posto
Forse neppure nell’aldilà» Domenico Modugno, 1977
Graziella Putrino
Altri articoli
Mahmood – Creatività e passione
Leonora, addio…
“Sette vistini “